Quando un amico a quattro zampe ci lascia
Ho deciso di scrivere questo articolo in un periodo molto difficile della mia vita. La scrittura ha per me una funzione terapeutica e la stesura di questo articolo rappresenta anche un modo per prendermi cura di me. Forse stai leggendo questo articolo perché stai attraversando anche tu un momento difficile, per certi aspetti simile a quello che sto vivendo io, e spero che i seguenti contenuti possano esserti di aiuto.
In uno di questi giorni il mio amatissimo Yuri, un levriero spagnolo rescue che era con me dal 2015, è venuto a mancare e il vuoto che ha lasciato è immenso.
La perdita di un animale domestico rappresenta un lutto, a tutti gli effetti. Un dolore così intenso da togliere il respiro.
Inizio con questa premessa perché, purtroppo, viviamo in un contesto sociale che tende a non legittimare o comunque a sminuire il dolore causato dalla perdita di un animale domestico. Giusto per fare un esempio, mi sono venute in mente le recenti parole del Papa che ha affermato di avere sgridato una signora a seguito della richiesta che venisse benedetto il suo cagnolino oppure le critiche rivolte alle coppie che decidono di non mettere al mondo figli, ma hanno cani e gatti. Queste affermazioni, del resto, rispecchiano quell’atteggiamento tipico della razza umana, convinta di essere migliore e superiore rispetto alle altre specie animali.
Sicuramente questo atteggiamento così radicato nel sentire comune complica ulteriormente la vita a chi sta già affrontando un momento difficile. Giusto per fare un altro esempio, mio marito si è sentito negare dalla sua azienda la possibilità di lavorare al 100% in smart working per potermi aiutare ad accudire Yuri negli ultimi suoi giorni di vita. Se si fosse trattato di un parente, tale diritto non gli sarebbe stato negato.
Eppure la stessa etimologia della parola “animale” riconduce all’anima (dal latino animal, derivato di anima).
Sono convinta del fatto che instauriamo dei legami così forti con i nostri animali domestici perché, per molti aspetti, sono ben superiori a noi umani ed hanno delle qualità che nemmeno immaginiamo e che i nostri sensi limitati ci impediscono di comprendere a fondo. Basti pensare a qualcosa di scientificamente validato, ovvero l’olfatto sviluppatissimo che rende, per esempio, i cani molecolari dei preziosissimi collaboratori dell’uomo. È, inoltre, riconosciuto che i cani sono in grado di comprendere tempestivamente se il padrone si ammala per via del cambiamento dell’odore che la malattia comporta. Dubito che le affinatissime abilità si limitino all’olfatto. I nostri amici hanno la capacità di leggere i nostri stati d’animo come nessun altro. Ci comprendono al volo, senza dover verbalizzare quello che proviamo. Non dimenticherò mai tutte le volte in cui Yuri percepiva le mie tensioni emotive e si metteva vicino a me, trasmettendomi tutto il suo calore.
È, inoltre, scientificamente dimostrato che la presenza dei nostri animali domestici aumenta il livello di serotonina e dopamina nel nostro cervello, ovvero quei neurotrasmettitori che incidono positivamente sul nostro umore.
Sono rimasta incredula quando pochi mesi fa, nella sala di attesa di una clinica veterinaria, Yuri si era alzato a fatica per avvicinarsi ad un nucleo famigliare costituito dai genitori e due figli adolescenti. La madre ha iniziato ad accarezzarlo, ma a differenza di come si comportava abitualmente, Yuri non si è messo fermo a ricevere le coccole: si è voluto avvicinare a tutti i componenti, uno ad uno, richiamando la loro attenzione con il capo. Era un comportamento strano, che non avevo mai osservato in lui prima di quel momento. Dopo circa un’ora ho sentito i pianti disperati di quelle persone provenire da un ambulatorio: la loro cagnolina non ce l’aveva fatta. Compresi che Yuri aveva già capito tutto. Potrei fare molti altri esempi della sua sensibilità così unica che non ho mai riscontrato in nessun’altra creatura in vita mia.
Ora vorrei fare un breve excursus storico rispetto alla relazione tra uomo ed animali per comprendere come si è evoluta nel tempo. In passato il rapporto uomo-animale era dettato da una funzione prevalentemente utilitaristica: si stima che nel 10.000 A.C., periodo in cui nasce l’agricoltura, l’uomo abbia iniziato ad addomesticare i bovini per arare i campi.
Anche il rapporto tra uomo-cane e uomo-gatto è nato diverse migliaia di anni fa seguendo la stessa logica utilitaristica: le prime specie di cani, discendenti dal lupo, erano addomesticate per la caccia o per la guardia (in certi contesti, ahimè, accade ancora) mentre i gatti per tenere lontani i topi. Solo da una manciata di decenni il tipo di legame che si instaura con gli animali domestici è considerato a tutti gli effetti di natura affettiva. Allo stato attuale, più le civiltà sono evolute e maggiori sono i diritti riconosciuti anche agli animali.
Si stima che in Italia circa la metà delle famiglie conviva con un animale domestico e il 96% di queste afferma di considerarlo un membro della famiglia stessa (Rapporto Assalco Zoomark, 2022). Questi dati ci permettono di comprendere come un numero di persone sempre maggiore investa in termini affettivi in questo tipo di legame. Possiamo ben capire come la perdita di un animale domestico (pet loss) rappresenti un lutto.
Ovviamente non tutti i lutti vengono vissuti allo stesso modo e il livello di sofferenza dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di legame instaurato e le caratteristiche personologiche del padrone. Le stesse variabili sono valide per qualsiasi lutto, che si tratti di umani o di animali.
Che cosa prova una persona quando vive un lutto? Il dolore profondo può essere sia di natura emotiva (shock, angoscia, nostalgia, rabbia, colpa, tristezza) sia fisico. Sono frequenti i disturbi del sonno, le somatizzazioni, i cambiamenti a livello di appetito, le difficoltà di concentrazione e la stanchezza cronica.
La psichiatra Elisabeth Kübler Ross nel 1969 propose uno dei modelli più accreditati che si basa su cinque fasi di elaborazione del lutto: 1- Fase del rifiuto e della negazione (lo shock non permette di accettare quanto è accaduto) 2- Fase della rabbia (si accetta l’accaduto e la rabbia può essere rivolta a sé stessi, a chi ci ha lasciati o eventuali soggetti ritenuti responsabili per la perdita subita) 3- Fase del patteggiamento (si cerca di riprendere il controllo della propria vita, ma il dolore è ancora intenso. Si alternano alti e bassi) 4- Fase della depressione (prevale la tristezza e il dolore può causare variazioni a livello del peso corporeo, irritabilità, disturbi del sonno, disturbi psicosomatici) 5- Fase dell’accettazione (viene dato un senso alla perdita e si può iniziare a riempire il vuoto lasciato).
Pertanto se ti riconosci in una o più delle suddette fasi e stati d’animo, non ti devi sentire sbagliatə. Stai attraversando un lutto ed è impensabile non provare dolore a seguito di una perdita significativa.
Cosa ci può essere di aiuto e cosa, invece, ci può ostacolare nell’elaborazione di un lutto?
Molto probabilmente (a me è successo) ti accadrà di incontrare persone che non comprenderanno il tuo dolore. Ti diranno che non ha senso soffrire tanto, che era “solo” un animale e che puoi prenderne un altro. Certo, come se si trattasse di un elettrodomestico guasto da sostituire, magari con uno di ultima generazione. Non vale davvero la pena provare rabbia: questi commenti dicono molto della scarsa sensibilità di chi li esterna e i limiti altrui non devono diventare un nostro problema.
Scegli di aprirti e di mostrare la tua ricchezza interiore solo a chi ha gli strumenti per comprenderti.
Dai voce al tuo dolore, non trattenere le lacrime. Manifestare le tue emozioni è sano e, come abbiamo visto, fa parte di un normale processo di elaborazione.
Immagina il funzionamento di una cisterna: se non apri mai la valvola, questa finirà per implodere. Lo stesso vale per le nostre emozioni.
La perdita di un legame significativo può generare un vissuto di colpa. Potresti rimproverare te stessə sentendoti in qualche modo responsabile per come sono andate le cose. Non sei il Padre Eterno e non puoi accollarti delle responsabilità più grandi di te. Impara a riconoscere tutti quei pensieri che tendi ad auto-veicolarti e che portano a sentirti in colpa, a dirti che non hai fatto abbastanza e cerca, invece, di orientare la tua attenzione su tutto quello che hai fatto per il/la tuo/a amico/a a quattro zampe.
Puoi pensare di prenderti qualche giorno di pausa se risulta difficile concentrarti sul lavoro. Se avessi la febbre probabilmente ti riconoscerti tale diritto: anche il dolore emotivo merita di essere preso in considerazione, allo stesso modo di quello fisico.
Per quanto sia difficile, cerca di mantenere una routine nel ciclo sonno-veglia e nei pasti. L’attività fisica può essere di grande aiuto per scaricare l’accumulo di tensione.
Cerca di tenere vivi i ricordi dei bei momenti che hai avuto la fortuna di trascorrere con il/la tuo/a amico/a. Potresti pensare, per esempio, di dedicarle/gli un album fotografico.
Quando viene a mancare un essere umano, il rito funebre rappresenta l’occasione per condividere ricordi ed emozioni ed è un modo per elaborare il lutto. Malgrado non esistono leggi che vietino la possibilità di fare entrare i nostri amici a quattro zampe in Chiesa, siamo ben lontani dal pensare di chiedere che venga celebrata una funzione religiosa in loro onore.
Ciò non ti preclude di eseguire un rito, nelle modalità da te scelte, molto più autentico e sentito di quanto non potrebbero essere le parole di un’omelia. Un rito che potrebbe ricollegarsi a quelle che erano le vostre abitudini, i vostri luoghi, le vostre passioni condivise.
Personalmente sento molto vicini a me i principi Buddhisti secondo i quali la realtà si basa sull’armonia degli opposti. La malattia e la morte fanno parte della vita, sono aspetti della stessa realtà, ma che la sofferenza dettata dalla perdita ci porta a voler separare. La nostra natura ci spinge a volere rimanere attaccati a tutto ciò che per noi ha valore, ma ci liberiamo dalla sofferenza solo nel momento in cui superiamo l’attaccamento verso ciò che è transitorio. Nel Buddhismo la morte non viene considerata come la fine, ma come un’evoluzione. Quando il corpo perisce non si smette di esistere, ma si rinascerà sotto un’altra forma.
Tale principio trova riscontro anche nella legge della conversazione della massa postulato da Antoine-Laurent Lavoisier secondo cui “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Il corpo perisce, ma non smette di esistere tutto quello che si è generato a seguito dell’incontro di due anime. L’arrivo di Yuri nella mia vita, la consapevolezza della fortuna di avere conosciuto una creatura così meravigliosa e di avere condiviso anni della mia esistenza con lui, mi ha profondamente cambiata e non tornerò mai ad essere quella di prima. Sto parlando di qualcosa di impalpabile e invisibile, ma reale: è un’energia che non cesserà mai di esistere.
Lui continua e continuerà ad esserci: nelle righe di questo articolo, nei miei pensieri, nei miei ricordi, in tutti i suoi preziosi insegnamenti che sono diventati delle parti più preziose di me.
Pensa che non c’è fine che possa cancellare tutto il bene che tu e il/la tuo/a amico/a a quattro zampe vi siete voluti. Questo fa parte di te e sarà sempre parte di te.
Nei momenti di maggiore tristezza sono arrivata a farmi questa domanda: “Avrei preferito non incontrare Yuri per risparmiarmi ora tutto questo dolore?” Assolutamente no. È stato uno degli incontri più arricchenti e non cambierei una virgola. Sono grata alla vita per avermi dato l’occasione di incontrarlo.
Malgrado in Spagna Yuri fosse stato sfruttato da un cacciatore e poi abbandonato, aveva deciso di non perdere la fiducia nel genere umano. Era molto affettuoso, pieno di energia e di voglia di vivere la sua seconda vita con noi. Era felice e spensierato e voleva che tutti noi lo fossimo.
Questo è uno degli insegnamenti più preziosi che Yuri mi ha lasciato: la vita può essere dura e ferirci profondamente, ma spetta a noi scegliere come affrontare le avversità.
Dr.ssa Chiara Frassoni
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